Nel 1973 l’omosessualità è stata rimossa dalla lista delle malattie mentali (Diagnostic and statistical manual of mental disorders, dall’American Psychiatric Association) ed è stata invece riconosciuta la natura dell’omosessualità come ‘variante non patologica del comportamento sessuale’: le persone omosessuali possiedono un’identità psichica suscettibile alle patologie né più né meno di quella degli eterosessuali. Vent’anni dopo, nel 1993, la stessa decisione veniva ufficialmente condivisa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il mondo della sanità (psicologi, psichiatri, medici), quindi, è concorde oramai nel ritenere l’omosessualità maschile e femminile una variante normale, non patologica del comportamento sessuale, proprio come l’eterosessualità maschile e femminile; l’omosessualità è “solo” uno dei possibili orientamenti sessuali di una persona.
Tenendo presente quanto appena detto, può essere ora facilmente compreso quello che è il problema principale per le persone omosessuali: l’omofobia e l’omofobia interiorizzata.
Il termine omofobia compare nel 1972, nel libro di G. Weinberg “Society and the Healthy Homosexual”. Per dare un’idea di quanto la società abbia vessato e stigmatizzato le persone omosessuali, l’autore utilizza questo concetto, omofobia, definendolo come la “paura irrazionale, l’intolleranza e l’odio perpetrati nei confronti delle persone omosessuali, gay e lesbiche, dalle società “eterosessiste”, che si rifanno a uno schema ideologico che nega, denigra e stigmatizza ogni forma di comportamento, identità, relazione o comunità di persone non eterosessuali”.
La definizione attuale di omofobia è “un insieme di emozioni e sentimenti quali ansia, disgusto, avversione, rabbia, paura e disagio che gli eterosessuali provano, consapevolmente o inconsapevolmente, nei confronti di gay e lesbiche “(Hudson e Rickets, 1980).
L’eterosessismo è il pensiero secondo cui nasciamo tutti eterosessuali e, di conseguenza, l’orientamento eterosessuale è l’unico possibile e quindi normale. L’omosessualità diviene diversità, perversione, patologia, immoralità e tutto quanto può comportare un atteggiamento che devia dalla norma imposta.
Com’è noto, nonostante i notevoli progressi degli ultimi anni, l’omofobia è ancora molto forte in Italia, a tutti i livelli sociali.
Tutto questo si traduce in una grande difficoltà per il giovane omosessuale che non trova modelli positivi di riferimento, e affronta quotidianamente problematiche sociali e personali dovute all’omofobia. Inoltre avviene di frequente che parte di questi messaggi negativi vengano interiorizzati dall’individuo omosessuale, causandogli delle ulteriori difficoltà nel vivere serenamente la propria vita. Di qui l’insorgenza di problematiche psicologiche come scarsa autostima, depressione e stati ansiosi.
Numerosi autori hanno quindi associato l’insorgenza di stati psicologici negativi nei gay e nelle lesbiche all’omofobia interiorizzata come fenomeno specifico del processo di formazione dell’identità omosessuale all’interno di una società eterosessista (Cabaj, 1988; Kahn, 1991; Ross & Rosser, 1996).
Gli atteggiamenti sociali verso il sesso, il genere e l’omosessualità vengono generalmente appresi acriticamente e interiorizzati molto presto, nelle prime fasi della vita, prima che un individuo abbia riconosciuto il proprio orientamento sessuale. Quando i gay e le lesbiche cominciano a diventare consapevoli della loro omosessualità, essi sperimentano verso loro stessi i medesimi atteggiamenti che hanno interiorizzato, complicando di conseguenza il processo di accettazione di sé (Herek, 1996).
In una società fortemente ostile agli omosessuali, gay e lesbiche devono percorrere un cammino molto difficile e problematico attraverso il quale riconoscere il loro orientamento sessuale, sviluppare una identità basata su di esso, svelare il proprio orientamento sessuale agli altri (coming-out). Essendo cresciuti in una società in cui la cultura dominante è in larga parte eterosessista, i gay e le lesbiche spesso provano sentimenti negativi verso se stessi una volta
riconosciuta la propria omosessualità, poiché hanno imparato ad accettare l’eterosessualità come la norma e come l’unico modo corretto di essere. Soprattutto per i soggetti che si trovano ai primi stadi del processo di formazione dell’identità omosessuale, e in generale per chi non è capace di gestire efficacemente lo stigma associato all’identità gay o lesbica, la percezione di un ambiente familiare e sociale repressivo può portare a interiorizzare pensieri e sentimenti negativi nei confronti dell’omosessualità, e ciò può esprimersi sul piano psicologico attraverso la vergogna e il senso di colpa, la bassa autostima e la scarsa accettazione di sé.
In aggiunta, occorre sottolineare che la condizione dei gay e delle lesbiche è diversa da quella vissuta da altre minoranze (razziali, etniche, religiose, ecc.) stigmatizzate, sottoposte a situazioni stressanti e ad atti discriminatori, poiché la intrinseca invisibilità o il volontario nascondimento della loro identità, in casa e negli ambienti sociali, li rendono ancora più vulnerabili e fanno sì che sia più difficoltoso per loro l’accesso alle tradizionali strategie difensive e ai meccanismi di fronteggiamento che possono essere adottati da altri gruppi di minoranze per alleviare lo stress, per trovare supporto sociale in famiglia e nelle comunità di appartenenza, per affermare i valori e la cultura specifici della propria minoranza (Meyer, 1995).
Nascondere il proprio orientamento sessuale può creare una scissione dolorosa tra identità pubblica e identità privata. Soprattutto gli omosessuali che non hanno compiuto il coming-out, che desiderano diventare eterosessuali, che si fanno passare per eterosessuali, o che vivono isolati dalla comunità gay e lesbica, possono sperimentare i più gravi disagi psicologici. Per contro, si riscontra un adattamento psicologico migliore tra coloro che hanno accettato la propria sessualità integrandola nella propria identità complessiva, e che hanno quindi sviluppato una piena identità gay o lesbica e non cercano di nascondere agli altri la loro
omosessualità.
La psicoterapia con clienti omosessuali
Per quanto riguarda il trattamento con clienti gay e lesbiche, Sophie (1987) suggerisce sei strategie generali utili per affrontare e superare il problema dell’omofobia interiorizzata:
■ la ristrutturazione cognitiva, attraverso la quale il terapeuta può aiutare il cliente ad affrontare in modo positivo la sua difformità dai costrutti sociali dominanti, esplorando insieme tutti gli stereotipi e i falsi miti riferiti all’omosessualità (a questo scopo può essere utile anche la biblioterapia, cioè l’uso terapeutico di documenti e libri appropriati).
■ l’approccio neutrale all’identità omosessuale, inteso come apprendimento del fatto che essere gay o lesbiche è una delle possibilità date agli esseri umani, né preferibile né deprecabile rispetto all’essere eterosessuali.
■ la consapevolezza della propria identità sessuale, interpretata come modalità positiva per sentirsi parte di una comunità e non più individui isolati e oppressi (confrontarsi con altri gay e lesbiche rende il cliente meno vulnerabile e meno incline a sentirsi il solo a essere diverso e stigmatizzabile dalla società).
■ il coming-out, perché dichiararsi apertamente, solo alla propria famiglia o all’intera cerchia delle conoscenze, è la strategia più efficace per vincere nel cliente l’omofobia interiorizzata residua (il processo di emersione non è indolore, ma rafforza l’autostima e fornisce lo stimolo per affrontare in modo costruttivo il delicato processo di rimodulazione della propria personalità).
■ la frequentazione di altri gay e lesbiche, intesa come ulteriore rinforzo al processo di ristrutturazione cognitiva.
■ l’abitudine all’omosessualità, cioè il raggiungimento della piena consapevolezza che l’omosessualità non è un fatto deprecabile o straordinario, ma solo uno dei modi di essere. Solamente superando le assunzioni che fanno ritenere che l’omosessualità sia qualcosa di non ordinario, e per questo censurabile, i gay e le lesbiche possono vincere la loro omofobia interiorizzata.
Riferimenti bibliografici
A. Montano. “L’omofobia interiorizzata come problema centrale del processo di formazione dell’identità omosessuale”, Rivista di Sessuologia, Vol 31 – n.1 anno 2007
Sophie J. (1987): Internalized homophobia and lesbian identity, Journal of Homosexuality, 14, 53-65.