Quando il terremoto ti cambia la vita: le ferite psicologiche dei sopravvissuti

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È un trauma da forte stress quello di chi vede polverizzata in pochi secondi una vita fino ad allora normale. Un trauma che si insedia in quella scatola nera del nostro cervello, l’ippocampo, in cui depositiamo le nostre esperienze più belle e più brutte. Soprattutto per gli anziani, bambini e donne, saranno immagini da choc indimenticabili (Rosario Sorrentino, neurologo)

 

Siamo rimasti tutti sconvolti dalla tragedia accaduta la scorsa domenica notte in Abruzzo. Se la prima emergenza è stata quella di salvare tutti coloro che erano rimasti sotto le macerie, adesso dal punto di vista psicologico sarà fondamentale operare per prevenire subito le conseguenze a breve e lungo termine della perdita di certezze e dei punti di riferimento.

A tale proposito il neurologo Rosario Sorrentino, direttore dell’Ircap (istituto di ricerca e cura degli attacchi di panico) alla clinica Pio XI di Roma ha già inviato in Abruzzo una task-force neuropsichiatrica dell’emergenza contro ansia e panico da terremoto. Queste le parole del neurologo: “Si tratta di un gruppo di specialisti da affiancare alla Protezione Civile per aiutare fin dalle prime fasi chi, travolto dall’esperienza, potrà avere fin dai primi giorni effetti invalidanti sul proprio comportamento e sull’equilibrio psicofisico“.
Ma quali sono i rischi psicologici più probabili? Girolamo Baldassarre, responsabile del Gruppo di lavoro in psicologia dell’emergenza del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi afferma: Sulla base di quanto accaduto in precedenti sismi, possiamo stimare che il 7-14% della popolazione interessata rischia di essere colpita dal disturbo post-traumatico da stress, infatti, l‘esposizione diretta a un evento che ha minacciato la propria vita rischia di lasciare il segno. Si va da un generale disorientamento ad attacchi d’ansia, fino al disturbo post-traumatico da stress“. Questo disturbo è 
caratterizzato da difficoltà a dormire, incubi, immagini e pensieri drammatici di tipo “intrusivo” che si insinuano nella mente quando meno ce lo aspettiamo, nei sogni, provocando improvvisi risvegli, ma anche da svegli mentre si svolgono le normali attività quotidiane. In alcuni casi si può avere l’attuazione anche involontaria di dinamiche di evitamento per cui si cerca di evitare a ogni costo luoghi o eventi che ci ricordino il trauma, ma sono possibili anche irritabilità e difficoltà a rispettare il ritmo sonno-veglia .
Un altro problema che gli esperti temono si potrà verificare è quello degli attacchi di panico. La psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente dell’Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), intervistata dall’Adnkronos, parla addirittura di “rischio epidemia di Attacchi Panico“. “Dopo un terremoto come quello di questa notte, che ha provocato il panico in gran parte della popolazione, – dice – non bisogna sottovalutare le conseguenze della paura di morire che inevitabilmente ha contagiato molte persone. A rischiare di più questo tipo di disturbo conseguenza della paura di morire sono in particolar modo i 40-45 enni, perché hanno il peso delle responsabilità familiari, quindi casa, figli spesso piccoli, genitori anziani. Sentire addosso tutto questo può portare a tremende crisi di ansia che possono degenerare“.
Quello che gli psicologi, gli uomini della Croce Rossa e della Protezione Civile sul campo stanno attuando in queste ore – spiega Baldassarre – si chiama ‘defusing’. Si tratta di interventi immediati di accoglienza e presa in carico della popolazione, con colloqui mirati a evitare che l’ansia e la paura restino ‘incistate’ nel profondo.
Più avanti, fra 2-3 giorni o anche una settimana, si passerà al ‘debriefing’. Un termine mutuato dall’esperienza anglosassone, che punta a fare un bilancio di gruppo dell’accaduto, attraverso un percorso in più tappe, guidato da uno psicologo esperto nelle emergenze. In questo modo si punta a normalizzare la popolazione duramente colpita. Dobbiamo pensare che, specie nelle comunità più piccole – ricorda lo psicologo dell’emergenza – c’è stata una violenta perdita delle relazioni, dei rapporti col vicinato, delle abitudini di una vita“.
Sarà molto importante intervenire tempestivamente, sostiene la  Vinciguerra: “Bisogna intervenire prima che avvenga l’interiorizzazione del trauma e ci sono varie tecniche, – dice infatti – ma già da subito ognuno può mettere in atto la strategia dell’agire: fare cose anche piccole per affrontare la situazione, combattere il senso di impotenza con la realtà di tantissime azioni. Per esempio aiutando i soccorsi, mettersi a disposizione, ma soprattutto agire, agire, agire. Se poi si hanno figli, è necessario trasmettere loro sicurezza con l’esempio, mantenendo la calma e cercando di portare anche loro a fare qualcosa“.
Un’attenzione particolare è e dovrà essere riservata ai bambini. “L’equilibrio dei bambini è stato scosso – ammette Baldassare – Per questo gli specialisti che sono al lavoro in Abruzzo si occuperanno in modo mirato del benessere psicoeducazionale dei più piccoli, anche attraverso colloqui mirati con i loro genitori“. Ma si può ricorrere anche alle favole: “Inventare racconti che contemplino anche la terra che trema, cercando però sempre di trasmettere calma e gioco” conclude Vinciguerra.

Ed è proprio per supportare i bambini in momenti traumatici come questo che Save the Children ha sviluppato il seguente decalogo, pubblicato sul sito internet dell’Organizzazione (https:// www.savethechildren.it  ), usato in varie emergenze in tutto il mondo:


1. Evitare che i bambini stiano davanti alla televisione: continuare a veder immagini del disastro non aiuta i bambini a superare il trauma, perché potrebbero non capire che si tratta di immagini registrate e pensare che l’evento catastrofico sia ancora in corso.
2. Ascoltare attentamente i bambini: prima di fornire loro informazioni, cercare di capire qual è la percezione dell’evento e quali i loro interrogativi in merito. Iniziare a dialogare con loro per fornire delle spiegazioni chiare di quanto accaduto, che siano comprensibili in base all’età, lasciando che esprimano le proprie preoccupazioni e tranquillizzarli.
3. Rassicurare i bambini e fornire loro il primo supporto psicologico: rasserenarli spiegando loro quello che si sta facendo per proteggerli, nonché informarli che durante un’emergenza la cosa che si considera prioritaria è aiutarli, affinchè si sentano al sicuro.
4. Accettare l’aiuto di esperti: in caso di vittime in famiglia è importante considerare di rivolgersi a personale specializzato per aiutare sia i bambini che gli altri membri della famiglia a superare il trauma della perdita. Inoltre, anche se non hanno sperimentato direttamente questo shock, bisogna considerare che i bambini possono essere stati turbati da scene che hanno visto o storie che hanno ascoltato. I genitori devono prestare particolare attenzione ad ogni cambiamento significativo nelle abitudini relative a sonno, nutrizione, concentrazione, bruschi cambiamenti d’umore, o frequenti disturbi fisici senza che ci sia un’apparente malattia in corso, e in caso questi episodi non scompaiano in un breve lasso di tempo, si consiglia di rivolgersi a personale specializzato.
5. Aspettarsi di tutto: non tutti i bambini reagiscono allo stesso modo ad eventi traumatici e con lo sviluppo, le capacità intellettuali, fisiche ed emozionali dei bambini cambiano. Se i più piccoli dipendono dai propri genitori per avere la chiave d’interpretazione di quanto accaduto, quelli più grandi e gli adolescenti attingono informazioni da varie forze. Tener presente che soprattutto gli adolescenti possono essere maggiormente colpiti da queste storie proprio perché in grado di capire meglio. Benché i ragazzi più grandi sembrano avere più strumenti a loro disposizione per gestire l’emergenza, hanno comunque bisogno di affetto, comprensione e supporto per elaborare l’accaduto.
6. Dedicare tempo e attenzione: i bambini hanno bisogno di sentire che gli adulti di riferimento sono loro particolarmente vicini e di percepire che sono salvi e al sicuro. È fondamentale parlare, giocare con loro e soprattutto ascoltarli, trovare il tempo per svolgere apposite attività con i bambini di tutte le età, leggere loro storie o cantare l’abituale ninnananna per farli addormentare.
7. Essere un modello: i bambini imparano dai grandi come gestire le emergenze. Occorre essere attenti ad esprimere le proprie emozioni di fronte ai bambini a seconda della loro età.
8. Imparare dall’emergenza:  nche un evento catastrofico può essere un’opportunità di far capire ai bambini che tutti viviamo in un mondo dove possono accadere queste cose e che in questi momenti è essenziale aiutarsi l’un l’altro.
9. Aiutare i bambini a ritornare alle loro normali attività: quasi sempre i bambini traggono beneficio dalla ripresa delle loro attività abituali, dal perseguire i propri obiettivi, dalla socialità. Quanto prima i bambini ritorneranno al loro ambiente abituale e meno si continuerà a parlare del sisma, più riusciranno a superare velocemente il trauma.
10. Incoraggiare i bambini a dare una mano: aiutare gli altri può contribuire a dare ai bambini un senso di sicurezza e controllo sugli eventi. Soprattutto gli adolescenti possono sentirsi artefici di un cambiamento positivo. È pertanto importante incoraggiare i bambini e i ragazzi a dare il loro aiuto alle organizzazioni che assistono i loro coetanei.  

 

 

 

Concludo esprimendo il mio sincero cordoglio per tutti coloro che in questa tragedia hanno perso affetti, ricordi e parti di vita

Dott.ssa Francesca Saccà

One thought on “Quando il terremoto ti cambia la vita: le ferite psicologiche dei sopravvissuti”

  • maria greco says:

    Mi chiamo Maria,sono una sopravvissuta al terribile terremoto.La mia casa è crollata,il mio mondo in frantumi..nessuno mi ha veramente aiutato…i disturbi si sono accentuati nei mesi,la mia personalità disgregata,frantumata,il mio mondo a pezzi,tutto ciò che faticosamente avevo costruito,che mi identificava non esiste . Di noi nessuno parla,sentir dire dai più “ringrazia che almeno sei viva” è quasi uno schiaffo in faccia,fa ancora più male.io sono un morto che cammina,non mi è rimasto nulla. Vorrei sapere come e se potete aiutarmi. Grazie Maria

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