A cura della Dott.ssa Francesca Saccà
Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale a Roma
“Non posso rifiutare altrimenti si offenderà!”, “Se dico di no si arrabbieranno!”, “Non mi va ma non posso dire di no!”, quante volte ripetiamo queste frasi a noi stessi e poi ci troviamo coinvolti in situazioni o azioni di cui non vorremo essere partecipi? Perché ci succede questo? E’ semplice, perchè non riusciamo a dire di no!
Questa brevissima forma di negazione rappresenta un problema per la maggior parte degli individui, poiché, sin da quando siamo piccoli impariamo che la parola è connotata negativamente ed è emotivamente legata al rifiuto personale.
Come afferma Sweet (2004) “Potrebbe sembrare facile dire di no, ma non è forse vero che ci hanno instillato, fin dalla tenera età, l’idea che è quasi impossibile pronunciare quella parolina con tono gentile? È scortese rifiutarsi, non è educato, anzi è offensivo”. Durante la crescita infatti sono molti i condizionamenti che ci portano ad associare la parola “No” con un comportamento considerato egoistico, cattivo, presuntuoso, duro.
Tuttavia quando interagiamo con gli altri, preferiremmo che questi fossero onesti nei nostri confronti e che ci rispondessero un “No” sincero piuttosto che un “Si” fasullo.
E’ proprio questo il punto: dire “No”, quando è quel che si intende, diventa una forma di rispetto e di onestà verso gli altri. Saper dire “No” al momento giusto caratterizza la persona con una buona autostima che sa riconoscere e dunque affermare ciò che è disposta a fare o non fare, avendo ben chiare le sue priorità, le sue esigenze e la sua disponibilità.
Se per qualunque motivo volete dire “No” e fate il contrario, vi mettete sotto pressione fino a sentirvi arrabbiati con voi stessi e risentiti nei confronti dell’altro. E’ inevitabile che quando questo accade ne risente anche la vostra salute psicologica.
Sweet (2004) individua quattro motivi psicologici, definiti vere e proprie “trappole”, che spingono le persone a dire di “Sì” anziché “No”:
– Il voler essere gentili
– Il voler essere amati/rispettati/accettati
– La paura di perdere amici/amanti/lavoro/familiari/posizione sociale/successo/denaro/beni materiali
– La sensazione di non avere il diritto a dire “No”
“Spesso non sappiamo dire di no perché temiamo di perdere l’affetto dell’altro; ciò è comprensibile, ma non dobbiamo dimenticare che è sempre nostro dovere continuare a credere in noi stessi anche quando gli altri non ci approvano o ci rifiutano e che un no, detto al momento opportuno, può aiutarci ad uscire dalla trappola di chi crede di potersi accettare solo in una condizione di sudditanza e compiacenza” (Nanetti, 2002a).
In alcuni momenti essere compiacenti, anche a costo di far tacere le proprie esigenze, può essere utile per il buon proseguimento di una relazione (di lavoro, familiare, di amicizia) o se ci si accorge che l’altro ha veramente bisogno di un aiuto e si sente di volerglielo offrire. Il problema nasce quando ci si considera e ci si comporta come se si fosse uno “zerbino” da calpestare ogni volta che qualcun altro lo desidera. Se si vuole essere sempre disponibili e gentili con tutti, a prescindere da come ci trattano, non vengono definiti correttamente i confini della propria personalità e ci si espone ad abusi e sfruttamento, anche da parte di persone a cui vogliamo bene. È, invece, fondamentale stabilire il proprio confine fisico e psicologico per mantenere un buon equilibrio mentale (Giusti, Locatelli, 2000).
Molti ignorano che anche “dire sempre si” ha i suoi svantaggi, vediamoli:
– Agli altri non sempre piacciono le persone troppo compiacenti e si rischia di non essere stimati dagli altri
– Essere sempre gentili può farci apparire falsi agli occhi degli altri.
– Ne risente negativamente la salute (esaurimento nervoso e fisico, stress, crisi di pianto o rabbia, ecc.)
– Ci si sente insoddisfatti nelle proprie relazioni perché non si è “veri”
– Si rinuncia alla propria vita personale.
– Ci si carica di troppe responsabilità o non si stimola gli altri ad assumersi le proprie
Chi non sa dire di no ed è costantemente preoccupato di piacere agli altri e di apparire come essi desiderano, è accompagnato dall’ansia, dalla frustrazione, dal vittimismo e dal risentimento. .
Rispondere sempre positivamente alle richieste che arrivano dai familiari, dai colleghi, dagli amici e conoscenti conduce anche a eseguire o numerosi compiti o a eseguirne uno in tempi brevi. Tutto ciò con il passar del tempo produce una condizione di eccessivo affaticamento fisico e una forte tensione che minano la salute psicofisica.
Coloro, invece, che aggressivamente dicono di no senza esitazioni, senza una motivazione ragionevole e senza tener conto dei diritti altrui, creano intorno a sé un ambiente ostile e stressante che genera malessere e insoddisfazione nelle persone che ne fanno parte.
Imparare a dire di “No” dunque ci aiuta perché evita lo stress. Ma ricordiamoci di farlo sempre nel rispetto dei nostri e degli altrui diritti!
Di seguito alcuni utili suggerimenti per rifutare correttamente una richiesta:
1. Iniziamo a rispondere con un chiaro, fermo e udibile “No”.
2. Non ci scusiamo e soprattutto non ci giustifichiamo. Forniamo solo le nostre ragioni ricordando a noi stessi che abbiamo il diritto di dire “No”.
3. Dopo il rifiuto, cambiamo argomento: non aspettiamo di essere persuaso a cambiare idea.
4. Se dobbiamo ancora decidere cosa rispondere, chiediamo maggiori informazioni riguardo alla richiesta che ci viene fatta.
5. Riconosciamo quando siamo insicuri della nostra decisione e prendiamoci tempo per riflettere.
6. Riconosciamo a noi stessi il diritto di chiedere tempo per pensare, prima di concordare o prendere decisioni.
7. Riconosciamo quando realmente vogliamo tornare sulle nostre decisioni.
8. Riconosciamo a noi stessi il diritto assertivo: “Ho il diritto di riflettere e di cambiare idea”.
9. Ricordiamoci sempre che possiamo cambiare opinione. Ad esempio: “So che ero d’accordo all’inizio del progetto in settembre, ma ora mi rendo conto di sentirmi eccessivamente pressato all’idea e preferirei cominciare in ottobre”.
10. Impariamo ad essere chiari e specifici con gli altri. Ad esempio: “Non sono sicuro. Mi piacerebbe rifletterci. Ti chiamerò domani pomeriggio per farti sapere”.
Imparare a rifiutare una richiesta è certamente una’abilità che, se acquisita e gestita con attenzione e consapevolezza, può rendere la nostra vita più semplice e rendere le relazioni interpersonali che stabiliamo con gli altri più equilibrate e leali.
Riferimenti bibliografici:
“L’Assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A”. A cura di E. Giusti, A. Testi. Edizioni Sovera, Roma, 2006
La Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma, riceve privatamente su appuntamento
Per contatti:
https://psicologoinfamiglia.myblog.it/list/contatti/contatti.html
Anna Rita says:
Non e’ assolutamente un caso che sia iscritta a questa newsletter!!!!!E’ proprio cio’ che fa per me!Non sono comunque cosi’ in alto mare…….credo di aver fatto miglioramenti significativi.Trovo l’articolo assolutamente chiaro e soprattutto “pratico” ed efficace:un farmaco a pronto effetto per chi soffre della sindrome dello “zerbino”.Ma uscirne si puo’!!!Questa e’ una buona notizia per chi si trova in queste condizioni.Bisogna pero’ volerlo con onesta’ e chiarezza.Grazie dott.ssa.Anna Rita.
Salvio Corelli says:
Come sempre i suoi articoli sono oggetto di riflessione Dott.ssa Saccà.
Il tema dell’assertività mi è molto caro come lei sa già! Ho imparato a diventarlo dopo una vita di comportamento passivo.
Ci è voluto dello sforzo e il coraggio di mettermi in gioco. Ciò che mi ha molto aiutato all’inizio è stata la sperimentazione.
Ho testato diversi modi assertivi di pormi e vedendo i risultati positivi mi hanno dato l’incentivo a continuare.
Un caro saluto.