A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma
In altri casi l’esperienza traumatica non era stata tanto il divorzio in sè quanto piuttosto ciò che l’esperienza separativa aveva comportato in termini di conflittualità all’interno della famiglia e di coinvolgimento dei figli nelle dispute e nei problemi familiari:
“A tredici anni mi è crollato il mondo addosso quando mio padre un giorno, dopo diversi mesi di liti furiose, di assenze, di silenzi, di valigie pronte in bella mostra è andato via di casa”
“Magari episodi che sono successi tra mio padre e mia madre, le liti che ogni sera, ti giuro ogni sera sentivo e io magari mi andavo a nascondere su in mansarda….le volte che mio padre ha affrontato mia madre magari, che ne so, adesso mi viene in mente una volta che di forza stavano litigando e lui gli ha dato un bacio e glielo ha dato talmente con violenza che gli ha fatto uscire tutto il sangue dalla bocca e io sono rimasta sconvolta”
“Mi ricordo una volta bruttissima prima che si separassero i miei che ha sentito mio papà sul letto in camera che piangeva, sono andata lì e lui ha confidato a me che era innamorato di un’altra persona e mia madre non lo sapeva e mi ricordo che mi sono messa a piangere pure io ma non tanto, prima di tutto per il carico di responsabilità che mi aveva buttato addosso”
Ho notato inoltre una differenza tra giovani di famiglie separate e giovani di famiglie unite nelle risposte alla domanda di chiusura dell’intervista:“Cosa speri che tuo figlio impari dalle sue esperienze con te come genitore?”.
Dalle risposte dei ragazzi provenienti da famiglie separate emerse una particolare profondità e sensibilità nell’espressione del loro “ideale” modo di voler essere un domani genitori: prevalentemente manifestarono il desiderio di voler tramandare al figlio un senso di combattività nell’affrontare i problemi, la positività nei confronti degli altri e della vita stessa, la voglia e la gioia di vivere:
“Spero di renderlo una persona forte, fiduciosa, equilibrata, una persona che sia in grado di affrontare più o meno tranquillamente tutto”
“Mi piacerebbe riuscire a comunicargli un, non so, un po’ di senso di combattività per ottenere quello che si vuole, quindi nell’affrontare la vita in modo non passivo ma attivo e poi anche la positività nei confronti della vita”
“Vorrei tramandargli la forza di non abbattersi mai, di andare avanti sempre nelle difficoltà”
“Vorrei che da me imparasse ad essere forte, capace di superare i problemi e aggirare gli ostacoli senza farsi schiacciare…..ad essere sicuro, a vivere serenamente e a pieno ogni singolo giorno, a godere di tutte le cose, a ridere, ad amare”
“Mi auguro che faccia i suoi sbagli ma riesca sempre a rialzarsi e a guardare tutto con aria positiva, ridendo, prendendola comunque in maniera leggera non nel senso di mancanza di profondità ma nel senso di voglia di vivere, di andare avanti in questo senso, vorrei trasmettergli la voglia di vita, cioè la vita gliela do io, la gioia di vivere gliela posso trasmettere”
Le risposte dei ragazzi provenienti da famiglie unite alla medesima domanda furono più razionali e lineari: molti comunicarono di voler tramandare al proprio figlio un senso di razionalità e obiettività nel suo modo di vivere, di voler essere un punto di appoggio per il figlio, di tenere al fatto che il figlio cresca nel rispetto e nell’educazione:
“Deve imparare a riferirsi a me non come figura autoritaria, ma come persona di fiducia diciamo” “Vorrei che imparasse a saper essere obiettivo, a sentirsi sicuro in mezzo alla gente”
“Mi piacerebbe che imparasse il rispetto e l’educazione”
“Vorrei che mi sentisse come una persona che lo faciliti nella crescita, che lo aiuti, come un appoggio”
“Vorrei che imparasse un po’ di razionalità, tanta e poi tanti piccoli insegnamenti tali per cui riesce a stare un palmo avanti a chi gli sta intorno, per non rimanere fregato o imbrogliato” “
In conclusione devo dire che non sempre fu semplice condurre adeguatamente l’intervista e rimanere nel silenzio neutrale previsto dal protocollo, tantomeno posso dire che tutto finiva nel momento in cui spegnevo il registratore: molte volte mi è capitato di ripensare alle storie che avevo ascoltato e tutt’oggi posso dire con certezza che molte storie mi hanno colpito per la loro particolare intensità di vissuti.
La Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma, riceve privatamente su appuntamento
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