A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma
Con la gentile collaborazione del Dott. Paolo Cianconi, psichiatra, psicoterapeuta e antropologo
Avete mai provato, seduti di fronte al vostro medico, quella spiacevole sensazione di non capire nulla di ciò che stesse dicendo? E il fastidioso imbarazzo nel chiedere spiegazioni? Nella stanza del medico chi osa chiedere è di certo un coraggioso. La maggior parte delle persone ascolta e torna a casa senza aver capito un tubo di quello che il medico ha detto.
Vi ho proposto questo piccolo esempio per introdurre l’argomento di oggi, ossia l’importanza di un linguaggio chiaro e semplice tra medico e paziente.
Chiaramente in questa sede tratterò l’argomento facendo riferimento alla mia categoria di appartenenza, gli psicologi.
La mia esperienza clinica e umana mi spinge a riflettere sull’importanza di comunicare in modo chiaro, diretto e semplice alle persone che chiedono un aiuto, a partire dal momento del primo colloquio e per tutta la durata del percorso terapeutico. Questo può sembrare un argomento scontato ma non lo è. Troppo spesso mi imbatto in persone che mi chiedono spiegazioni in merito a certi disturbi e disagi, spiegazioni che in passato non hanno mai ricevuto.
Perché uno psicologo deve parlare ‘semplice’ all’utente che gli si rivolge? Innanzitutto perché non si deve mai dimenticare che di fronte ha una persona che, nella maggior parte dei casi, non possiede gli strumenti per comprendere il linguaggio terapeutico e necessita di un aiuto per accedere al nostro mondo.
La semplicità arriva dappertutto ed è immediata. Un linguaggio semplice crea un ‘ponte di fiducia’ tra il terapeuta e il suo cliente in quanto li sintonizza sulle stesse frequenze. La semplicità nell’espressione è fondamentale per il paziente che abbiamo di fronte, ossia un essere umano che ha diritto a capire esattamente quale è il motivo della sua sofferenza. Dobbiamo consegnare alla persona la chiave d’accesso al suo mondo interiore e questa chiave deve essere quella giusta per lui.
E allora che si fa? Ci si sintonizza a lui permettendogli di muoversi e sentirsi a proprio agio nel mondo terapeutico.
Io psicologo ho bisogno che il mio paziente abbia fiducia in me per lavorare bene insieme. L’alleanza, ingrediente base di ogni buona relazione terapeutica, passa in primis attraverso una comunicazione chiara tra medico e paziente.
Lo psicologo deve avere la sicurezza che il suo cliente abbia ben compreso i messaggi che gli trasmette e questa certezza si ha solo accogliendo chi abbiamo di fronte e mettendolo a proprio agio. Non si possono fare unicamente ‘monologhi’ bensì è fondamentale chiedere un feedback al prorpio cliente domandandogli ad esempio, nel corso del colloquio, se è tutto chiaro, se ci sono dei dubbi o se desidera fare delle domande.
Ogni buon psicologo conosce l’imbarazzo (soprattutto in fase di conoscenza iniziale) che nutre il suo paziente quando deve fare domande. Il paziente va pertanto accolto e spronato a comprendere, perché è un suo diritto.
Questa semplice operazione di ‘sintonizzazione’ tra psicologo e paziente, se non eseguita, può generare fenomeni di stallo terapeutico o addirittura di abbandono della terapia. Gli psicologi pertanto devono essere abili nel tradurre le loro conoscenze in un linguaggio comprensibile alla massa.
E’ importante sottolineare che tutto ciò non dequalifica o sminuisce la figura professionale del terapeuta anzi la rafforza. Riempire la bocca di tecnicismi non aiuterà il nostro paziente che in noi cercherà, in prima istanza, accoglienza e spiegazioni. La persona che viene dotata della chiave d’accesso al mondo terapeutico può comprendere quello che gli sta accadendo e lo elabora al fine di imparare a gestire le sue problematiche.
E’ a mio parere fondamentale che gli psicologi utilizzino un linguaggio semplice dentro la stanza della terapia ma anche fuori, laddove vogliano lavorare sull’informazione e sulla divulgazione di tematiche di ordine psicologico.
Per quanto mi riguarda utilizzo lo stesso processo di comunicazione chiara e semplice non solo nei colloqui terapeutici ma anche nel mio lavoro di informazione sulla rete. Il blog Psicologo in famiglia è nato proprio, nel 2008, con l’obiettivo di fornire un’informazione psicologica di base semplice e accessibile a tutti, con la finalità di abbattere quella barriera che sovente si crea tra la necessità di essere ascoltati e la paura di parlare.
Informare in modo chiaro e semplice in merito al disagio psicologico prima che possa diventare un serio problema per la persona e per i suoi familiari, rompere il muro di silenzio e di infiniti pregiudizi che ancora ruotano intorno alla figura dello psicologo, ecco la vera missione cui una società civile e soprattutto chi, come me, ha scelto di intraprendere questa professione, non possono sottrarsi.