L’idealizzazione è un meccanismo di difesa grazie al quale una persona percepisce un altro come migliore (o che possiede attributi più desiderabili) di quello che effettivamente è. In particolare questo meccanismo può rivelarsi estremamente pericoloso quando siamo coinvolti in una relazione con un/a narcisista patologico/a poiché il dolore più grande che interferisce sul processo di distacco non è dato tanto dalla perdita della persona in sé e per sé quanto dalla sparizione dell’idealizzazione che se ne era fatta.
Quando la maschera del narcisista cade e il ‘mito’ dell’altro inizia a sbiadire o siamo in grado di rompere l’incantesimo e vedere il/la narcisista per quello che effettivamente è oppure ci sentiremo vuoti, tristi e saremo disposti a tutto pur di mantenere in piedi quel ‘sogno’ di cui sentiamo di avere bisogno per nutrirci e riparare antiche ferite affettive.
Il concetto di idealizzazione è, secondo Freud, il processo psicologico per cui un oggetto «viene amplificato e psichicamente elevato» (S. Freud, 1914).
L’idealizzazione del partner è un processo naturale, in particolare nella fase di innamoramento, e non rappresenta un problema per le persone con una struttura psicologica sana e una buona maturità psicoaffettiva poiché gli aspetti idealizzati del partner non si discostano troppo dalle sue caratteristiche reali e questo processo ha una durata limitata nel tempo. Nelle persone affettivamente immature invece l’idealizzazione del partner può rappresentare un problema in quanto è illusoria, può durare a lungo nel tempo e si discosta totalmente dalla visione reale dell’altro con la pericolosa conseguenza di allontanare l’individuo da un sano esame di realtà.
Roland Barthes (1977) in Frammenti di un discorso amoroso ha definito il processo di idealizzazione che impedisce di raggiungere una vera maturazione psicoaffettiva con questa affermazione: “Io desidero il mio desiderio e l’essere amato non è altro che il suo accessorio”. Dobbiamo fare molta attenzione dunque a questo meccanismo perché, se si protrae a lungo e ci conduce per troppo tempo lontano dalla realtà, rischia di impoverirci e renderci più deboli in quanto il valore e il potere vengono collocati esclusivamente nel partner.
Quando il ‘mito’ dell’altro inizia a sbiadire o siamo in grado di rompere l’incantesimo e vedere il/la partner come persona umana con pregi e difetti oppure ci sentiremo vuoti, tristi e saremo disposti a tutto pur di mantenere in piedi quel ‘sogno’ di cui sentiamo di avere bisogno per nutrirci e riparare antiche ferite affettive.
Molto spesso le relazioni tossiche vengono protratte in quanto neghiamo la realtà e prolunghiamo la fase di idealizzazione.Come evidenzia Cinzia Mammoliti nel suo testo ‘I serial killer dell’anima’ (2012): “Scoprire che la persona alla quale ci si era emotivamente affidati è completamente differente da quella che si era interiorizzata e adorata è paragonabile all’amputazione di una parte di sé. Per questo risulta così difficile accettare la verità e si preferisce rimanere legati al ricordo dell’immagine che ci si era costruiti. Non si ama più – prosegue la Mammoliti– il mostro che ha ormai svelato il suo volto, bensì l’immagine idealizzata dello stesso, difficile da abbandonare perché altrimenti ci si sentirebbe degli idioti che non sono riusciti a comprendere con chi avevano a che fare veramente”.
Come sostiene Pietro Lombardo (2006): “L’amore svanisce quando ci si ferma al porto della propria idealizzazione, rinunciando al rischio della comune navigazione, in quanto il sognare l’amore perfetto è spesso l’inconscio tentativo di trovare giustizia riparativa alla primordiale ferita narcisistica. È come se volessimo costruire un nido mentale in cui deporre le uova dell’amore futuro che ci ripagherà, riscaldandoci in modo totale, di tutto il freddo accumulato dentro. Ma quando si costruisce un’idealizzazione elevata, è altrettanto facile precipitare dall’alto di quella fantastica altezza. Imparare a costruire l’edificio della maturità affettiva sui pilastri di un ‘sano realismo’ ci permette di dirigere le nostre energie nella direzione di un benefico esame di realtà”.
Per vivere una vita affettiva appagante è dunque necessario essere realistici sulle aspettative che si nutrono nei confronti dell’altro. E farlo da subito, dall’inizio di un rapporto. Un sano esame di realtà ci aiuta a conoscere meglio chi abbiamo di fronte e a prestare attenzione ai campanelli d’allarme in presenza di un/a partner con una personalità disturbata.
Bibliografia
Lombardo P. (2006) Impariamo ad amare. La maturità psicoaffettiva.
Edizioni Vita Nuova, Verona.
Mammoliti C., (2012) I serial killer dell’anima. Sonda Edizioni
Saccà F., (2016) La vita scorre. Vai oltre. Come uscire da una relazione tossica e rinascere emotivamente. Youcanprint