Disturbo di panico

Nel corso della vita, in periodi di stress emotivo, può accadere di avere qualche sporadico attacco di panico, ma ciò non significa che si soffre di disturbo di panico.
Il soggetto affetto da disturbo di panico, infatti, ha attacchi di panico inaspettati e ripetuti. Inoltre, nel periodo di tempo successivo ad essi (almeno un mese), si preoccupa sia dell’eventuale ripresentarsi di questi, che delle loro implicazioni (es. gravi malattie come cardiopatia ed epilessia, totale perdita di controllo della propria vita, totale perdita di controllo della propria mente o pazzia).
Il disturbo di panico è una patologia piuttosto diffusa e fortemente invalidante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne soffre tra l’1,5% e il 3,5% della popolazione mondiale, soprattutto donne.
Solitamente il decorso del disturbo è cronico, ma mentre alcune persone ne soffrono in modo continuativo, altre presentano intervalli di anni senza attacchi di panico.

Trattamento
Nel trattamento del disturbo di panico – con o senza agorafobia – la forma di psicoterapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace, nei più
brevi tempi possibili, è quella cognitivo-comportamentale.
Si tratta di una psicoterapia breve in cui il paziente svolge un ruolo attivo nella soluzione del proprio problema e, insieme al terapeuta, si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali, nell’intento di spezzare i circoli viziosi del panico.

Ma come funziona il trattamento cognitivo-comportamentale del panico? La terapia cognitivo-comportamentale interviene su ognuna delle aree dove agisce il panico: sintomi fisici, pensieri disfunzionali e comportamento.

SINTOMI FISICI: Uno dei primi obiettivi della terapia cognitivo comportamentale sarà aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico (tachicardia, respirazione affannosa, sudorazione, sbandamento, nausea, disturbi addominali) non sono pericolosi bensì sono solo una conseguenza dell’ansia.: il paziente impara a capire che nulla di quello che si teme quando attua i tipici “pensieri catastrofici” accadrà veramente. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dell’ansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli. Inoltre il terapeuta può insegnare al paziente tecniche mirate (rilassamento, controllo della respirazione, ecc.) grazie alle quali il paziente impara a fronteggiare le spiacevoli sensazioni fisiche dovute al panico.

ANALISI DEI PENSIERI DISFUNZIONALI: Al paziente si insegna ad individuare i pensieri disfunzionali legati alle situazioni che causano l’attacco di panico e poi a valutarli con oggettività: sono pensieri realistici o realmente preoccupanti? Il paziente imparerà gradualmente come l’attacco di panico sia dovuto ad un errore di “interpretazione” delle sensazioni, percepite come dannose.
Le convinzione errate che stanno alla base del circuito disfunzionale del panico sono quelle che ci si trovi in pericolo di vita, che si possa perdere il controllo delle proprie azioni o magari impazzire. Quando si giunge a comprendere che queste credenze sono errate, il paziente si tranquillizza e riesce a gestire in modo più funzionale la sintomatologia.

■ AZIONI E COMPORTAMENTO: Gradualmente si porta il paziente a ridurre le “situazioni” evitate a causa del timore degli attacchi di panico. Si comincerà da quelle più facili, per passare via via a quelle più “paurose”. Il paziente potrà così rendersi conto, direttamente e in prima persona, che esse non costituiscono un pericolo oggettivo per la sua incolumità. Questo è uno dei modi più efficaci per riuscire ad affrontare le proprie paure e riappropriarsi della propria vita.

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