Dipendenza affettiva e paura dell’abbandono

A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma

 

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Il timore di essere abbandonati di certo appartiene a ognuno di noi. La persona che sa convivere con questo timore riesce a gestirlo e a non farsi influenzare nell’ambito della sua vita relazionale. Ma per molti questa paura non è facile da gestire: infatti alcune persone sono affette in modo patologico dalla cosiddetta ‘sindrome dell’abbandono’ che condiziona gravemente  la loro vita affettiva. In particolare i pazienti affetti da dipendenza affettiva temono l’abbandono, hanno la costante e radicata convinzione di perdere le persone che amano e di rimanere per sempre  senza legami affettivi. Qualunque sia l’evento temuto – che la persona cara possa morire, mandarli via oppure lasciarli- vivono sempre con l’idea che un giorno rimarranno soli. Si aspettano di essere lasciate e pensano che ciò non avrà mai fine. Nel profondo del cuore questi individui sentono di essere destinati a vivere la vita in completa solitudine.

Queste radicate convinzioni circa l’abbandono provocano un senso di disperazione nei confronti dei rapporti affettivi: le persone sono convinte che, per quanto le cose sembrino andare  bene, le relazioni siano destinate al fallimento. Desiderano stare sempre vicino ai cari e si arrabbiano o impauriscono di fronte alla possibilità di qualsiasi tipo di separazione, per quanto breve essa sia. Soprattutto nelle relazioni sentimentali, si sentono emotivamente dipendenti dal partner e temono di perdere il legame di intimità.

La ‘trappola’ dell’abbandono viene attivata principalmente nelle relazioni più intime; può darsi che non sia visibile nelle relazioni di gruppo o nei rapporti superficiali.

I fattori scatenanti più potenti sono indubbiamente perdite o separazioni reali: un trasloco, il divorzio, l’abbandono o la morte. Tuttavia, a far scattare questa trappola, spesso possono essere anche cause meno manifeste: può darsi che il partner si comporti in modo annoiato o distante o che appaia momentaneamente distratto o che mostri sollecitudine per un’altra persona. Qualsiasi cosa  preveda un’interruzione del contatto può attivare la trappola, anche se non ha nulla a che vedere con una perdita o un abbandono reale.

Da che cosa si origina la paura dell’abbandono? Dobbiamo tenere presente due fattori importanti, la predisposizione biologica e l’ambiente di sviluppo dell’individuo: se l’infanzia è stata caratterizzata da relazioni affettive stabili (soprattutto con la propria madre), anche chi è predisposto biologicamente potrebbe non sviluppare la trappola dell’abbandono; d’altra parte, certi ambienti sono così instabili  o costellati da perdite che persino chi non vi è affatto predisposto potrebbe sviluppare  questa paura.

Quello che ci chiediamo oggi è: si può sconfiggere la paura dell’abbandono? E se si, come?

Vi fornirò di seguito alcuni importanti suggerimenti per iniziare a prendere consapevolezza circa questa paura (ricordate sempre che, se da soli non riuscite a gestire questo timore, vi potrà essere di valido aiuto un percorso terapeutico!):

 Fate un salto nel vostro passato: per prima cosa prendete in considerazione la presenza di un’eventuale predisposizione biologica a sviluppare questa paura (siete sempre stati persone emotive? Come reagivate da bambini di fronte alle separazioni?). Insieme alla predisposizione biologica è importante indagare le circostanze della propria infanzia che possono aver determinato la paura dell’abbandono. Cercate di ricordare l’origine del vostro vissuto di abbandono.

 Osservate i vostri sentimenti di abbandono oggi, nel presente: divenite consapevoli dei sentimenti di abbandono che provate oggi nella vostra vita e affinate la vostra capacità di riconoscere le situazioni in cui si attiva questa paura. E’ molto importante prendere consapevolezza dei propri vissuti di abbandono per imparare, in un secondo tempo, a gestirli. Non fuggite dinanzi a questi sentimenti, per quanto spiacevoli possano essere e sforzatevi di conviverci, trascorrendo del  tempo nel modo che vi fa più paura, ossia soli con voi stessi. Spesso chi vive la paura dell’abbandono rifugge la solitudine, per  questo è prezioso imparare a sopportarla. In un secondo momento, con un buon lavoro su se stessi, si riuscirà anche ad apprezzarla.

 Cercate di evitare partner instabili o poco desiderosi di impegnarsi in una relazione, anche se suscitano in voi una notevole attrazione: cercate di allacciare relazioni con persone equilibrate. Solamente dentro una relazione equilibrata ci si può conoscere realmente e soprattutto si può imparare a mantenere la propria identità nelle relazioni senza perdersi. Se si da tutto al proprio partner si rischia di perdere se stessi. Se si da tutto al proprio compagno/a  perderlo/a ci appare realmente una sciagura. E’ importante imparare a non rinunciare al nostro potere e alla nostra identità dentro a una relazione.

 Quando trovate un partner che è stabile e desideroso di impegnarsi in una relazione, dategli fiducia: dopo tante esperienze di abbandono è difficile imparare a fidarsi. Ma questo è l’unico modo per uscire finalmente dal  circolo vizioso della paura dell’abbandono e sentirsi realizzati in amore.

 Lasciate al vostro partner il suo spazio: non fatevi prendere dalla gelosia e non lasciatevi andare a reazioni eccessive in occasioni di separazioni  del tutto normali all’interno di un sano rapporto di coppia. Se avete una buona relazione con un partner stabile e interessato a voi, imparate a controllare la vostra tendenza a reagire in modo esagerato a piccoli problemi sul fronte affettivo. Il modo migliore per farlo è lavorare su se stessi. Esaminate le vostre risorse e imparate che potete stare da soli e stare bene.

 Se la vostra paura è particolarmente grave, condiziona la vostra vita e non riuscite a gestirla da soli, prendete in considerazione la possibilità di iniziare una psicoterapia:  La relazione terapeutica può mettervi nella condizione di migliorare la vostra vita affettiva permettendovi di comprendere l’origine dei vissuti di abbandono ma soprattutto di imparare a gestirli nella vita di tutti i giorni. Lo psicoterapeuta stimola il paziente con vissuto abbandonico a prendere consapevolezza “emotiva” del suo disagio facendo emergere emozioni, sentimenti, pensieri e riflessioni e rielaborandoli in modo più funzionale alla sua esistenza.

Attraverso il percorso terapeutico il paziente potrà imparare a superare il timore della perdita  creando  le giuste condizioni per il riconoscimento della stima in se stessi e gettando le basi per una rinascita interiore fondata su una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie scelte.

 

Riferimenti Bibliografici:

“Reinventa la tua vita”. J.F. Young, J.S. Klosko, Raffaello Cortina Editore, 2004