A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma
Ognuno di noi è stato un bambino. Non importa dove e quando. Ma lo e’ stato. Per quanto siamo cresciuti e oggi siamo adulti, ciascuno con un proprio lavoro, una storia, dei figli, quel bambino alberga dentro di noi e spesso ci chiede ‘l’affitto’: la nostra infanzia continua a esistere dentro di noi, anche quando non vogliamo ricordarla.
Sentimenti, emozioni, vissuti che provengono dall’infanzia ci influenzano nel quotidiano e molto spesso determinano l’atteggiamento che abbiamo nei confronti dei nostri partners, amici, figli. Spesso il bagaglio emotivo che ci portiamo dietro interferisce pesantemente con il nostro modo di agire provocando in noi sintomi specifici.
Il bambino che eravamo ci vive dentro e non ci lascerà mai. Il rapporto che abbiamo con quel bambino determina la nostra vita: come evidenzia Hugh Missildine, autore del bellissimo testo ‘Il bambino che sei stato (Ed. Erickson, 1997): “il bambino che eri può metterti i bastoni tra le ruote e farti star male, può rovinarti l’esistenza, ma può anche arricchirla e renderla più bella”.
Nella mia professione di psicoterapeuta osservo spesso adulti che lottano con il loro bambino interiore e tocco con mano il risultato finale: solitudine, ansia, depressione, dipendenza, fobie, difficoltà relazionali, perfezionismo, smania di successo.
E’ di fondamentale importanza per ognuno di noi capire quanto i retaggi dell’infanzia sopravvivano nella nostra vita di adulti. Molti di noi cercano di estirpare quei sentimenti che si portano dietro dall’infanzia: li ignorano, li rinnegano, li respingono, ma tutto questo non aiuta: la persona non può raggiungere un equilibrio e una serenità interiore finchè il bambino del passato e l’adulto attuale saranno in conflitto.
Le persone potrebbero di certo vivere meglio ed eliminare gran parte della loro sofferenza emotiva se comprendessero ‘come imparare’ a convivere con il bambino del passato ancora vivo e attivo. Oggi pertanto cercherò di fornirvi utili suggerimenti per iniziare una convivenza serena con quel bambino che vi portate dentro (ricordate sempre che quando questo conflitto è troppo grande per essere gestito da soli è importante chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta!):
Cercare dentro di noi il bambino che siamo stati: il primo passo è quello di prendere consapevolezza del fatto che c’è ancora dentro di noi un ‘bambino del passato’ con le sue regole, gioie, dolori, timori. Cerchiamo pertanto di ricordare la nostra infanzia e ciò che l’ha caratterizzata: come erano i nostri genitori, che tipo di bambini eravamo, di cosa avevamo timore.
-Non dare la colpa ai genitori: nel ricordare la nostra infanzia potremmo accedere a vissuti dolorosi, ricordare atteggiamenti dei nostri genitori che non ci sono piaciuti (sgridate, sculacciate, rifiuti, privazioni) e che hanno influenzato la nostra personalità. Ora però siamo adulti e possiamo cominciare a vedere i nostri genitori come esseri umani con i loro problemi, che hanno fatto errori così come li facciamo noi. Se vogliamo riconoscere il bambino che siamo stati dobbiamo prendere in esame tutti quegli atteggiamenti che ci hanno fatto soffrire durante l’infanzia. Questo sforzo è importante e non deve servire a colpevolizzare i propri genitori ma a spronarci (ricordiamoci che siamo adulti!) nello smettere di autoinfliggerci tutti quei comportamenti che ci fanno soffrire.
-Ora, nel presente, diventiamo ‘genitori di noi stessi’: come evidenzia Missildine (1997): “non importa che tipo di infanzia tu abbia vissuto o quali siano i tuoi problemi attuali, tu sei già genitore di te stesso.” Tutti noi lo siamo, tendiamo infatti a mettere in atto le stesse tecniche che utilizzavano i nostri genitori per tranquillizzarci o autopunirci. Sostiene Missildine: “Fino a che punto ti sentirai sicuro dipenderà da come tu tratti te stesso: se ti tratti esattamente come facevano i tuoi genitori, questo ti farà sentire relativamente al sicuro, ma continuerai a riprodurre gli stessi atteggiamenti che ti hanno fatto soffrire da bambino. Ricorda che ora sei adulto e che sei tu il genitore di te stesso, puoi scegliere di essere un genitore migliore di tuo padre e tua madre. Puoi imparare che il processo di crescita e maturazione comporta l’accettazione dei sentimenti dell’infanzia come una parte di noi stessi che va rispettata”.
-Vivere in pace con noi stessi:da bravi genitori di noi stessi possiamo rispettare i sentimenti della nostra infanzia e con essi il bambino che siamo stati. Ma ciò significa anche imporre al bambino del passato delle ‘restrizioni’ che gli impediscano di impadronirsi della nostra vita da adulti. In sostanza diventare genitori di se stessi vuol dire modificare gli schemi di comportamento che ci hanno fatto soffrire in passato. Spesso continuiamo ad utilizzarli solo per abitudine, perché ci sono familiari.
Ci vuole sicuramente impegno per vivere nel presente e smettere di considerarci nella vecchia ottica del passato. Ma credo che sia l’atteggiamento più sano. Se non ci impegniamo a cambiare vecchi moduli che non funzionano e non ci aiutano nel presente, siamo ahimè destinati a lunghe ore di inquietudine e solitudine. Non si è mai tanto soli come quando ci si rivolta contro se stessi con atteggiamenti di accusa e disgusto.
Non permettiamo al bambino che siamo stati di fare troppi capricci, accogliamolo, prendiamocene cura e correggiamolo dove necessario, iniziando a prenderci cura di noi stessi.
Riferimenti bibliografici:
‘Il Bambino che sei Stato. Un metodo per la conoscenza di sé’. A cura di W. Hugh Missildine. Edizioni Erikson, 1997