Dietro una mamma c’è sempre una donna: una favola per ricordarlo sempre…

mum 1.pngA cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma

 

Le favole sono utili ai bambini ma spesso anche ai loro genitori, è questo il messaggio che vuole lanciare Caterina Comi con il suo libro “Storie per fare le cose”. Nel coniugare la propria esperienza diretta di genitore di due bambini con le competenze professionali di psicologa e psicoterapeuta la Comi propone ai suoi lettori fantasiose ricette per ogni spaccato di vita familiare: capricci, timori, coccole, piagnistei…

E’ proprio sfogliando le pagine di questo bel libro che sono rimasta colpita da una favola in particolare, la Storia della Bella (potete leggerla qui https://storieperfarelecose.wordpress.com/le-mie-storie/storia-della-bella/), storia di una mamma che riscopre la bellezza di sentirsi speciale in quanto “donna” e in quanto “persona”.

 

Perché è importante il messaggio che la favola della Bella ci suggerisce?

Essenzialmente perché troppe mamme si identificano totalmente nel loro ruolo di mamme dimenticando di essere donne e prima ancora, persone.

E’ assolutamente naturale che ciò accada, poiché il lavoro di cura e accudimento verso un figlio è un lavoro a tutti gli effetti le cui caratteristiche non sono rintracciabili in nessun altro tipo di occupazione: il lavoro di una mamma non è limitato nel tempo, non ha pause nè interruzioni, è incessante e pone problemi di responsabilità illimitata.

L’accudimento di un figlio stravolge i ritmi di vita della donna, soprattutto nella prima fase della nascita del piccolo; e può avere così un fortissimo impatto sull’equilibrio psico-fisico di questa se non è supportata adeguatamente.

Ma le mamme sono pur sempre donne. E cosa vuol dire essere donna?  Essere donna può voler dire anche essere mamma ma non solo. In generale nella vita il confinarsi all’interno di un unico ruolo genera stress e disagio poiché non siamo mai una sola realtà ma più dimensioni intrecciate assieme.

Spesso l’educazione ricevuta, le pressioni sociali,  i condizionamenti ci spingono ad identificarci unicamente in un unico ruolo e a volte soffochiamo, più o meno consciamente, parti importanti di noi stessi. Questo è quello che succede  a molte donne quando diventano mamme, perché il credo comune è quello che per essere delle brave madri bisogna rinunciare ai propri diritti e bisogni di donna.

Cosa c’è dietro ad una mamma? C’è una donna che si prende cura di suo figlio ma c’è anche altro: una persona, con i suoi diritti, c’è una donna con la sua femminilità, c’è una compagna che vuole essere amata e apprezzata dal compagno, c’è una persona che tiene a realizzarsi in una dimensione lavorativa fuori dalle mura di casa.

Tutto questo, insieme, da luogo ad  una figura di donna  armoniosa e sana da un punto di vista psicologico.

Affinchè si riesca ad accedere e ad accettare  questa figura di mamma-donna, che integra insieme più parti di sé,  è importante che si smetta di credere nell’esistenza di un modello perfetto di madre che sacrifica tutto per i figli. La madre buona non è quella  sempre presente , che fa tutto e per fare tutto rinuncia a se stessa. La madre buona è una madre prima di tutto felice che trasmette serenità ai suoi figli e “lavora” su se stessa per la sua felicità

L’amore materno è una realtà che rappresenta comunque l’espressione di un essere umano che, in quanto tale, è fallibile, non è perfetto e ha i suoi problemi.

Volere a tutti i costi imporre un’immagine perfetta della madre è molto pericoloso; nell’inseguimento di un ideale di perfezione la madre spesso tralascia i suoi bisogni di donna, non vede i bisogni reali del bambino e chiede al figlio di soddisfare i suoi:” devi andare bene a scuola, devi mangiare, devi essere buono, devi riconoscere che quello che faccio è per il tuo bene ”

E’ sempre più necessario che la figura della madre sia vista nella sua realtà e non come un emblema intoccabile. Già il pediatra inglese Donald Woods Winnicott (1896-1971) auspicava per i bambini non una madre perfetta, ma una madre “sufficientemente buona”, ovvero capace, nella sua imperfezione, di attendere ai bisogni del suo piccolo con cure sufficientemente adeguate.

Sarebbe importante se questo mito illusorio della madre perfetta che sacrifica tutta la sua vita per i figli e rinuncia a se stessa potesse essere trasformato in qualcosa di più aderente alla realtà umana, dove una mamma non dimentica di essere donna, è felice perché può essere se stessa e trasmette questo benessere ai suoi figli, che da buone “spugne”, lo assorbiranno.

Ed è proprio questa “sana” figura di madre quella che  Caterina Comi ci racconta nella favola della “Bella”: attraverso una dimensione onirica che, da sempre, consente l’accesso alle parti meno accessibili del nostro io, una mamma, mentre è impegnata a “fare la mamma”, inizia un  viaggio che la condurrà alla scoperta di  uno spazio psicologico più profondo, che va oltre la maternità e che arricchisce e completa la sua dimensione di donna.

Il viaggio onirico consentirà alla mamma  di riscoprire la “Bella” che c’è dentro di lei: “Dovevo ricordare più spesso che non ero soltanto una mamma, ma anche una donna e una persona e soprattutto, mantenere nel mio profondo la convinzione di essere la Bella, così ogni maleficio, o quasi, si sarebbe spezzato…”

 

Buon viaggio a tutte le mamme!

 

 

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https://storieperfarelecose.wordpress.com/le-mie-storie/storia-della-bella/

 

 

 

 

 

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