Lo shopping compulsivo. Quando l’acquisto diventa dipendenza

shopping_bags.jpgA cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma

 

 

 

 

 

 Lo shopping compulsivo o  “compulsive buying” è una forma patologica caratterizzata da preoccupazioni e impulsi intrusivi e ricorrenti rivolti alla ricerca e all’acquisto eccessivo di beni spesso superflui o di valore superiore alla propria disponibilità economica.

Lo shopping impegna la persona per un tempo superiore a quello preventivato e comporta una grave compromissione del funzionamento sociale e lavorativo ma viene perseguita nonostante le conseguenze negative (sentimenti di colpa e vergogna, problemi familiari, problemi economici).

A differenza delle comuni attività di acquisto che possono rappresentare un momento di condivisione con il partner o gli amici, lo shopping patologico è un’attività che viene svolta prevalentemente da soli, una sorta di piacere privato.

Black (2007) distingue 4 diverse fasi attraverso cui si manifestano le condotte patologiche di acquisto: anticipation, preparation, shopping, spending.

Nella prima fase (anticipation) la persona sviluppa un pensiero, un impulso, una preoccupazione relativa all’acquisto di un oggetto; questo momento è spesso preceduto da sentimenti depressivi, ansia, noia o autosvalutazione.

Nella seconda fase (preparation) il soggetto organizza e prepara l’attività dello shopping individuando l’area o il negozio, gli oggetti da acquistare , la modalità di pagamento.

La terza fase (shopping) è caratterizzata dall’intensa eccitazione e gratificazione che il soggetto prova mentre sta acquistando e che culmina nell’acquisto (quarta fase “spending“). Questa fase è seguita spesso da sentimenti di depressione, vergogna  e colpa.

Secondo il dr. Lorrin Koran, direttore della Stanford University, lo shopping si configura come un disturbo del comportamento quando si verificano queste condizioni:

  • Quando il denaro investito per lo shopping è eccessivo rispetto alle proprie possibilità economiche;
  • Quando gli acquisti si ripetono più volte in una settimana;
  • Quando gli acquisti perdono la loro ragione d’essere: non importa che cosa si compri, se abiti , CD, profumi, lampade o prosciutti; ciò che conta è comprare, soddisfare un bisogno inderogabile e imprescindibile che spinge a entrare in un negozio e uscirne carichi di pacchi;
  • Quando lo shopping risponde a un bisogno che non può essere soddisfatto, per cui il mancato acquisto crea pesanti crisi di ansia e frustrazione;
  • Quando la dedizione agli acquisti compare come qualcosa di nuovo rispetto alle abitudini precedenti.

Al primo posto tra gli oggetti della “febbre da acquisto”, per quanto riguarda le donne, ci sono i capi d’abbigliamento, seguiti da cosmetici, scarpe e gioielli: tutti elementi riconducibili all’immagine. L’uomo, invece, predilige simboli di potere e prestigio come telefonini, computer portatili e attrezzi sportivi. In entrambi i casi, comunque, si tratta di oggetti in grado di aumentare l’autostima e la buona percezione di sé, aspetti che in tutte le forme di addiction risultano spesso fortemente compromessi.

Lo shopping compulsivo causa problemi significativi quali stress, interferenze con il funzionamento sociale e lavorativo, disagi familiari e coniugali e gravi problemi finanziari. Inoltre, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna in seguito all’acquisto di oggetti che, il più delle volte, vengono nascosti al resto della famiglia oppure messi da parte, regalati o buttati via.
Si innesca così un circolo vizioso: il disagio fa affiorare nuovamente il bisogno di un nuovo acquisto. Anche se il suo armadio è strapieno di cose – che forse non userà mai- lo shopper si sente “svuotato” e sente nuovamente crescere l’impulso ad acquistare di nuovo.

La caratteristica dello Shopping Compulsivo è infatti proprio quella di “acquistare per il piacere di acquistare”, per abbassare il livello di tensione cresciuto a dismisura e non importa se l’oggetto acquistato è utile oppure inutile, se serve o se verrà adoperato.

E’ molto importante che coloro che vivono questa condizione, magari con l’aiuto dei familiari, riconoscano di avere un problema di dipendenza e chiedano aiuto ad uno psicologo psicoterapeuta che li aiuti da un lato ad  individuare le motivazioni che sono alla base delle loro condotte patologiche e, dall’altro, a riconoscere le modalità più funzionali per monitorare e soprattutto regolare gli stili comportamentali che inducono sofferenza.

 

 

 Suggerimenti bibliografici

 “Le Nuove Dipendenze. Diagnosi e clinica”. Caretti V., La Barbera D. Ediz. Carocci, 2009, Roma

La Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma, riceve privatamente su appuntamento

Per contatti:

https://psicologoinfamiglia.myblog.it/list/contatti/contatti.html

 

 

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