Quando l’amore è fragile

Analisi psicologica del film “Baciami Ancora” di G.Muccino

 

 

 

E’ da poco uscito al  cinema il nuovo  film di Gabriele Muccino “Baciami ancora”, sequel de “L’ultimo bacio”. Il film, indipendentemente dal gusto soggettivo di ciascun spettatore, porta inevitabilmente a riflettere sull’amore “ai nostri tempi”, un amore “liquido”, fragile, così come lo ha definito il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, un amore costantemente altalenante tra sogno e incubo, che consola così come distrugge.

Nella pellicola è protagonista assoluta  la “relazione umana” con le sue difficoltà:  in primo piano uomini e donne con la loro infelicità, alcuni abbandonati a se stessi, altri ansiosi di instaurare relazioni  ma al contempo timorosi di restarne imprigionati, altri ancora alla ricerca di una sicurezza affettiva ma allo stesso tempo annoiati e alla ricerca di nuovi stimoli.

Nel nostro rampante individualismo le relazioni presentano i loro pro e contro: vacillano costantemente tra un dolce sogno ed un orribile incubo e nessuno può mai dire quando l’uno si trasforma nell’altro, molto spesso le due manifestazioni coabitano. Come sostiene Bauman  in uno scenario di vita moderno “le relazioni sono forse le più diffuse, sentite e sgradevoli incarnazioni dell’ambivalenza”.

Alla luce di queste considerazioni non sorprende  il fatto che per l’appunto le “relazioni” siano uno dei principali motori dell’odierno boom di consulenze psicologiche. La complessità dei rapporti è troppo difficile da sbrogliare perché gli individui ci riescano da soli.

Nella pellicola di Muccino coesistono diverse rappresentazioni dell’amore, un amore che assume spesso una connotazione patologica e ambivalente.

Vediamo in che modo attraverso un’analisi psicologica dei personaggi e dei loro vissuti:

Amore e inquietudine: Carlo(Stefano Accorsi) e Giulia (Vittoria Puccini), ormai separati, provano a ricostruirsi una vita ma nessuno dei due ci riesce perchè ancora fortemente legati al loro passato (seppur doloroso e fatto di tradimenti reciproci). Se da un lato nei due personaggi si evidenzia la ricerca di una sicurezza affettiva in un compagno/a che li ami incondizionatamente  e li consoli delle passate esperienze dolorose, dall’altro è assolutamente forte quel senso di insoddisfazione che evoca nella coppia la nostalgia dell’amore passato ed il desiderio di tornare a quello da cui un tempo si era fuggiti.

E’ qui, in quest’altalena di sentimenti ben rappresentata dai due protagonisti, che si delinea l’instabilità e l’inquietudine degli esseri umani che dopo aver attraversato il dolore arrivano a rimpiangerlo e pronunciano frasi come quella di Carlo È nella mancanza di cura delle cose più semplici che facciamo gli errori più grandi”.

La “cura delle cose più semplici”,  ecco forse quello che manca a molte relazioni oggi. Nell’ “Ultimo bacio” avevamo ascoltato che “la normalità è la vera rivoluzione”, ma questa normalità dopo un po’ stanca l’uomo moderno che prima la rifugge alla ricerca di sensazioni forti e poi, bruciati entusiasmi e novità, torna a rimpiangerla.

E’ il caso del personaggio di Veronica, una donna alle soglie dei quaranta, insoddisfatta della sua relazione sentimentale ed in crisi per l’impossibilità di rimanere incinta. Una donna che non si sente più donna e va a ricercare la sua femminilità nel tradimento; ma quando le cose non vanno come lei avrebbe desiderato ritorna dal marito, “garante” di sicurezza affettiva, la stessa che le aveva dato noia e l’aveva spinta a cercare una nuova vita. Di nuovo assaporiamo l’inquietudine e sullo sfondo, la paura di affrontare il nuovo, per quanto desiderato.

L’amore che cura: Claudio Santamaria (Paolo) soffre di una grave forma di depressione, rifiuta le cure farmacologiche  e pensa di potersi curare solo con l’amore della sua donna, tanto da ricattarla. Rappresenta l’odierno disagio psicologico e sociale, uno stato di continuo malessere che troppo spesso si cerca di sedare con l’affetto di qualcuno. “Se tu mi ami io guarirò” ma l’amore da solo non basta a curare il disagio psicologico, che ha radici più profonde e, quando è grave, necessita di aiuto specialistico.   

La sua compagna Sabrina Impacciatore (Livia) vive l’amore connotandolo di un marcato aspetto  “affettivo assistenziale”, incarnando perfettamente “la sindrome della crocerossina”: donne che amano in questo modo sviluppano relazioni in cui il loro ruolo è quello di comprendere, incoraggiare e migliorare il partner; la crocerossina deve “salvare” il proprio compagno ma l’amore non può essere esclusivamente questo, l’amore sano è quello dove l’individuo salva prima  se stesso e poi incontra l’altro

Paura dell’abbandono:  La paura della separazione, dell’abbandono accompagna la vita di tutti: da bambini abbiamo paura della separazione dai genitori, ma anche da adulti continuiamo a temere che le persone che amiamo ci abbandonano.

Dietro la paura dell’abbandono c’è la più profonda paura della solitudine, ma anche qualcosa di più profondo: la paura di non esistere. Quando siamo amati da qualcuno abbiamo anche la conferma della nostra esistenza: la persona che ci ama ci fa sentire importanti ed amati, ma prima di tutto ci fa sentire che ci siamo. Nel momento in cui questo amore viene a mancare ci sentiamo smarriti e proviamo un senso di vuoto.

E spesso, pur di non essere abbandonati, si soffocano parti importanti di se stessi in cambio di un altro che ci sia accanto, poco importa se questo altro che abbiamo a fianco ci ama, l’importante è che non ci lasci soli. Nel film Marco (Pier francesco Favino), Simone e Anna ( i nuovi compagni della coppia scoppiata Accorsi Puccini) sono disposti a tutto, pur di non perdere l’oggetto d’amore

 

Il genitore assente: Giorgio Pasotti (Paolo) ritornato dopo anni di assenza da Roma, dopo aver scontato la pena in un carcere straniero, vorrebbe ricostruire il suo rapporto con il figlio di dieci anni che non vede da quando è nato.

La pellicola ci fa riflettere su un padre assente, sul dolore non sfogato del figlio e sul desiderio di quest’uomo di rimettersi in gioco nella vita.

Tramite questa storia riflettiamo sulla facilità con cui spesso si rinuncia alla genitorialità  e sui conseguenti sensi di colpa, difficili da allontanare  quando un figlio dice al padre “Tu non c’eri”. Paolo comunque sia è una figura reattiva, che riconosce i suoi sbagli e che vuole andare avanti, voltare pagina e non farsi schiacciare dal suo scomodo passato.

La Sindrome di Peter Pan: nel film non manca neanche la rappresentazione di colui che rifugge qualsivoglia legame affettivo. E’ Marco Cocci (Alberto) eterno sognatore, quello che scappa dai doveri per andare a vivere altrove.

Lui è l’eterno Peter Pan, colui che non vuole crescere, che è rimasto fermo alla propria infanzia ed adolescenza dove tutto è bello e possibile. Il suo personaggio rifiuta di calarsi nel mondo, con le limitazioni che questo comporta.

L’eterno Peter Pan vive in un mondo che non esiste, l’Isola che non c’è, e non ha nessuna intenzione di abbandonarla, anzi, essa rappresenta per lui l’unica realtà possibile. Nel suo mondo  l’unica cosa che conta è stare bene, essere felici. L’importante è non avere bisogno di nulla e di nessuno. Le piccole banalità quotidiane, le fastidiose difficoltà della vita gli scivolano addosso, egli è speciale, superiore, vive nel futuro, nell’immaginario, nello straordinario. Egli non ha dolori o affanni, quindi non li può riconoscere nell’altro: una battuta, uno scherzo, ed ecco che se ne va, pronto per un nuovo gioco.

Ma il voler essere diversi a tutti i costi è una forzatura, e, allo stesso modo, l’estrema flessibilità e la capacità di adattamento del Peter Pan diventano mancanza di specificità. Volendo essere tutto, ci si ritrova a non essere nulla, a non avere una individualità ben definita. Alberto è come aria fresca, leggera, inafferrabile, senza forma né direzione.

Il lavoro di Muccino ci ha dunque consentito di riflettere su alcune manifestazioni dell’amore ai nostri tempi,  un amore troppo spesso fragile, incostante, inquieto dipendente, un sogno che troppo rapidamente diviene incubo, un amore troppo spesso malato per cui si cerca la cura…

 

 

 

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