‘Nessuno mi può giudicare’: come superare la paura del giudizio degli altri

A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma

 

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un opera di teatro, che non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca senza applausi…”(Charlie Chaplin)

 

 

Possiamo rintracciare tra le righe della bellissima riflessione di Charlie Chaplin la risposta a una delle paure più diffuse del nostro tempo, il timore del giudizio degli altri.

“Chissà cosa penserà la gente, chissà cosa dirà la gente, che figura ci facciamo… “ quante volte nel nostro presente e nel nostro passato siamo entrati in contatto con questo monito.

L’attenzione che investiamo nell’evitare di ricevere un giudizio negativo degli altri spesso è superiore a quella che dedichiamo alla costruzione di un sé spontaneo e autentico.

Sin da bambini scopriamo il potere che il giudizio positivo riveste per la nostra autostima poiché allontana dolore e frustrazione. Il giudizio altrui si trasforma così in un bisogno: abbiamo bisogno del giudizio positivo  dei  nostri  genitori,  dei  nostri  fratelli,  dei  nostri  amici, e non  sopportiamo  i  giudizi negativi. 

Per  ricevere  il  giudizio  positivo  degli  altri  dobbiamo  però  soddisfare  le  loro aspettative;  aspettative  che, nel percorso di vita,  diventano  via  via  più  impegnative. 

Alla base della ricerca del giudizio positivo degli altri c’è essenzialmente la paura del rifiuto e dell’emarginazione.

La paura di non essere accettati porta spesso ad aderire, senza  esitazione,  a tutte  le  condizioni  che  il  gruppo  impone.  Nasce  così  il  fenomeno  della ‘pressione sociale’, fenomeno talmente importante da far dimenticare, a volte, anche i valori etici essenziali.

Per rincorrere l’applauso recitiamo  parti,  ci mascheriamo,  utilizziamo  comportamenti  lontani  dalla  nostra  vera  essenza. 

Gli  altri  vedono così le  nostre  maschere  e  non  sono  in grado  di  percepirci in quella che è la nostra vera essenza. Ciò comporta  che non ci avviciniamo agli altri anzi li sentiamo  sempre  più  lontani,  e di riflesso, ci  sentiamo  sempre  più  soli. 

Questo  isolamento  fa  aumentare  il  conflitto  d’identità  e, di  conseguenza,  fa  aumentare  il  bisogno  di  giudizio altrui, di consenso e di approvazione. Entriamo così in un circolo vizioso: 

 -Più cerchiamo il giudizio altrui più siamo mascherati

-Più siamo mascherati più ci sentiamo soli

-Più ci sentiamo soli più ci sentiamo insignificanti

-Più ci sentiamo insignificanti più abbiamo paura e bisogno del giudizio altrui

E il circolo ricomincia…

Le  persone  cadono  in  questa trappola  in  modo  così  profondo  da  aver  paura  di ammettere l’assurdità di quanto stanno facendo. Si diventa ipocriti non solo con gli altri ma anche  con  noi  stessi. 

Il giudizio  altrui  è un pericoloso  strumento  di  controllo,  spesso  utilizzato  per  piegare  i  più deboli che in questo modo sviluppano forme di sottomissione che si trasformano nel tempo in un vicolo cieco, una strada senza via d’uscita. La persona sente bisogno degli altri, del loro giudizio e del loro riconoscimento, ma si sente “stretta” in questo vicolo cieco e percepisce il bisogno  di  libertà,  di  autonomia  e  di  trasgredire  le  regole. 

Perché vivere in funzione della paura del giudizio altrui equivale a far morire la propria personalità che non può rivelarsi in quanto tale bensì è sottoposta a continui travestimenti.

La prima cosa che perdiamo quando ci comportiamo così è la nostra spontaneità (primo indice di un equilibrato rapporto con se stessi e di una buona autostima). Quando non siamo spontanei, chiudiamo parzialmente il cuore per non sentire il costo che dobbiamo pagare per il nostro comportamento. Questa chiusura rende molto più difficile  entrare in contatto con noi stessi (“Di che cosa ho bisogno?”, ”Di che cosa ho paura?”) e con chi abbiamo di fronte (“Che persona è?”, “Che rapporto vuole stabilire con me?”).

Quando siamo troppo condizionati dal giudizio degli altri significa che abbiamo poca stima di noi stessi e ci giudichiamo. Alla base del timore del giudizio c’è sempre la presenza di un implacabile ‘giudice interiore’ che, confrontando il nostro comportamento con modelli esterni di riferimento ci condanna. E la pena, la peggiore immaginabile, è quella di doverci uniformare ai modelli che il giudice ci impone, a costo di essere totalmente non spontanei.

Il risultato è che :

-Non siamo noi stessi

-Non riusciamo a essere come vorremmo apparire

-Viviamo con ansia e disagio il conflitto interiore.

Cosa fare dunque per superare la paura del giudizio altrui?

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-Proviamo a essere più spontanei: limitiamo l’eccesso di sorrisi, di gentilezza e di tutti quei modi e gesti che evitano il conflitto con l’interlocutore e la tendenza a non affermare il proprio pensiero.

Si tratta di un cambiamento graduale, e tanto più lento quanto maggiore è la paura della non-accettazione.

 

-Allentiamo la potenza del nostro GIUDICE INTERIORE: Come è possibile far tacere il giudice interiore? Non è possibile farlo perchè egli non è altro che il nostro “genitore”, la nostra guida interiore, e pertanto esisterà sempre in noi. La sua funzione è quella di dare alla parte cosciente, regole e modelli di comportamento allo scopo di facilitare la loro evoluzione e il loro rinforzo. Non possiamo perciò eliminarlo ma possiamo farlo cambiare sia come grado di severità che come modelli di comportamento in base ai quali essere giudicati.

Per farlo cambiare bisogna fare profondamente contatto con sé stessi, capire quale strada desideriamo percorrere e quindi dialogare con il giudice per convincerlo a essere meno severo e ad adottare modelli di comportamento più congruenti con quella che sentiamo essere la nostra natura

 

-Impariamo a distinguere tra critiche manipolative e critiche costruttive (sia che queste provengano da altri, sia che vengano dal nostro giudice interiore (di solito il più spietato): le critiche si distinguono in:

MANIPOLATIVE: sono critiche che hanno come scopo fondamentale quello di creare imbarazzo, senso di incompetenza, di ignoranza, di colpa, di ansia generica.

COSTRUTTIVE: sono critiche sono tese al miglioramento, al benessere o all’aiuto dell’altro, anche se possono suscitare senso di colpa, di incompetenza, di ignoranza, di ansia generi­ca.

Individuare le critiche manipolative che rivolgete a voi stessi è l’aspetto più importante della faccenda, perché vuol dire che le avete tirate fuori da un sottofondo sussurrato, le avete stana­te, e questo è l’aspetto più importante e difficile. È come indi­viduare una ad una le formiche del vostro giardino. Una volta trovate, però, le vostre critiche manipolative possono essere più o meno facili da tenere a bada. Infatti, non potete pretendere di dissolvere istantaneamente l’effetto che hanno su di voi, o che magari non vi facciano più visita. Sarebbe bello, ma non fun­ziona in questo modo. Però le state indebolendo, lasciate loro meno spazio, le tenete più a distanza, le mettete in discussione, non permettete che scorrazzino liberamente nella vostra testa e nella vostra vita come delle piante infestanti che crescono in un giardino.

 

– Impariamo a essere i soli veri giudici di noi stessi: Questo vuol dire che possiamo decidere autonomamente, valutare il nostro comportamento, i pensieri, le emozioni, assumendocene la responsabilità. La nostra cultura preferisce modelli di comportamento rigidi che sono più facili da gestire in quanto fanno riferimento a delle norme e a dei principi assoluti di “giusto” o “sbagliato”. Queste regole assolute di riferimento spesso vengono utilizzate (in modo più o meno consapevole) allo scopo di manipolarci. In tal modo, quando non ci adeguiamo a queste regole “imposte da un’autorità superiore”, ci sentiamo in colpa. La persona affermativa valuta i propri comportamenti non facendo riferimento a criteri esterni di “giusto”-“sbagliato” ma chiedendosi: “Che effetto ha sul mio benessere?”, “Mi piace O Non mi piace?”, “Va bene o non va bene per me?”, “Lo voglio o non voglio?” “LO CONDIVIDO O NON LO CONDIVIDO?”.

Siete voi dunque che dovete scegliere se accettare o meno le idee, lo opinioni e le valutazioni degli altri e anche chiedere rispetto per le vostre. Solo in questo modo si potrà vivere una vita piena.

 

-Scegliamo se essere vittime o vincitori: Non possiamo cambiare cambiare gli altri o le esperienze della nostra infanzia, ma da oggi possiamo fare scelte e cose per noi stessi che soddisfino i nostri bisogni e ci diano felicità. Possiamo scegliere se essere vittime o un vincitori. 

 

-Riconosciamo i nostri bisogni e diamo loro la giusta importanza:  Ricordiamoci di dare priorità ai nostri bisogni. Facciamo le nostre scelte basandoci su quello che vogliamo e ritieniamo sia meglio per noi, e non su quello che qualcun’altro vuole o pensa che dovremmo fare.  I  nostri bisogni  sono  importanti  quanto  quelle  degli  altri. Impariamo  a  dire  “voglio”  senza  sentirci  in  colpa  e  sfuggiamo  alla  tirannia  dei “dovrei”.

 

-Nei casi più difficili intraprendere una psicoterapia: Nei casi in cui questo timore invalida la qualità della vita del soggetto è molto importante intraprendere un percorso terapeutico. In particolare la psicoterapia cognitivo comportamentale è riconosciuta come un trattamento fondamentale per i disturbi che si associano al timore del giudizio altrui (disturbi d’ansia, disturbi ossessivi, fobia sociale, perfezionismo patologico). Tale trattamento si concentra sul trattamento diretto del sintomo e si preoccupa di lavorare per modificare i pensieri disfunzionali e, parallelamente, di offrire migliori capacità ed abilità per affrontare le situazioni temute.

Nel trattamento può rientrare, secondo le caratteristiche della persona, una fase di insegnamento di abilità per la gestione delle situazioni sociali. Tali abilità possono prevedere sia tecniche di rilassamento per la gestione dell’ansia, sia tecniche per la gestione di interazioni verbali (training assertivo: gestione delle conversazioni, fare richieste ed esprimere i propri bisogni, imparare a dire di no quando se ne ha l’intenzione, gestire le critiche che vengono rivolte)

 

“Canta, balla, ridi e vivi intensamenteogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca senza applausi…”(C. Chaplin)

 

 

Riferimenti bibliografici:

‘La Crisi contemporanea’. A cura di Ulisse Di Corpo Syntropy 2005, n. 1, pag. 40-46

https://www.sintropia.it/italiano/2005-it-1-5.pdf

 

‘La Paura del giudizio’.

A cura di Guido Grossi

https://pensierieriflessi.splinder.com/tag/la+paura+del+giudizio

 


 

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